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Il tumore del seno colpisce un donna su otto. In molti casi, però, si può prevenire o comunque diagnosticare in fasi molto precoci. Di seguito tutte le informazioni relative alla prevenzione e gli appuntamenti indispensabili con i test raccomandati.

Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 48.000 nuovi casi: il tumore del seno è il più frequente nel sesso femminile. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell’incidenza, di tumore del seno oggi si muore meno che in passato.

Sono stati identificati molti fattori di rischio, alcuni modificabili, come gli stili di vita, altri invece no, come l’età (la maggior parte di tumori del seno colpisce donne oltre i 40 anni) e fattori genetico-costituzionali. Tra gli stili di vita dannosi si possono citare, per esempio, un’alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, il vizio del fumo e una vita particolarmente sedentaria.

Ci sono inoltre alcuni fattori legati alla vita riproduttiva che possono influenzare il rischio di tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovanissima età sono protettive, così come l’allattamento per oltre un anno.

Il 5-7 per cento circa dei tumori del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel DNA di alcune mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2.

La prevenzione del tumore del seno deve cominciare a partire dai 20 anni con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese. E’ indispensabile, poi, proseguire con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo affiancati alla mammografia biennale dopo i 50 anni o all’ecografia, ma solo in caso di necessità, in donne giovani.

  • Visita senologica
  • Esami strumentali
  • Autopalpazione
  • Stili di vita
  • Ormoni
  • Test genetici

Visita senologica

La visita senologica consiste nell’esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato. È una metodica semplice e indolore, effettuata nello studio del medico senza l’ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile per chiarire situazioni un po’ sospette.

”Visita

Il senologo, prima di cominciare l’esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell’anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l’esame clinico propriamente detto che parte con l’osservazione e termina con la palpazione: il medico compie tutti quei gesti che ogni donna dovrebbe compiere mensilmente nel corso dell’autopalpazione.

La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente effettuare con regolarità l’autopalpazione del seno (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo) e rivolgersi al proprio medico di base e al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l’ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.

Esami strumentali

Le donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno, primo tra tutti la mammografia, affiancata da altri quali ecografia o risonanza magnetica. La prevenzione è fondamentale perché individuare un tumore ancora molto piccolo aumenta notevolmente la possibilità di curarlo in modo definitivo, ma è importante scegliere lo strumento più adatto.

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal ginecologo o da un medico esperto. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l’analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati.

Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.

Tra i 50 e i 69 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico con cadenza biennale.

Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un’ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.

Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni – PET – specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.

Autopalpazione

”Autopalpazione”

L’autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria: permette di conoscere profondamente l’aspetto e la struttura normale del seno e quindi di poter cogliere precocemente qualsiasi cambiamento. L’esame si svolge in due fasi:

  • l’osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo;
  • la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c’erano.

Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria, ma in realtà grazie a questo esame possono emergere altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.

A partire dai 20 anni l’esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.

È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l’età, il peso corporeo, la familiarità e l’uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno che, a volte, specialmente nelle donne giovani, si presenta particolarmente densa e difficile da valutare correttamente con l’autoesame.

Tra i 40 e i 50 anni l’incidenza (cioè i numero di nuovi casi) del tumore del seno aumenta in modo rapido e costante e quindi le donne in questa fascia di età non possono rinunciare all’autopalpazione come strumento di prevenzione. Con il sopraggiungere della menopausa, l’esame può essere eseguito indifferentemente in qualunque periodo del mese e deve essere effettuato con regolarità anche e soprattutto dalle over 60 poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.

L’autopalpazione rappresenta un primo strumento di prevenzione del tumore del seno, ma da sola non può bastare e deve essere abbinata, a partire dai 45-50 anni, o anche prima in caso di familiarità o alterazioni, a visite senologiche ed esami strumentali più precisi come ecografia o mammografia.

Stili di vita

Per la prevenzione del cancro gli esami di controllo periodici sono importanti, ma anche un corretto stile di vita contribuisce a ridurre drasticamente il rischio di ammalarsi. In particolare si calcola che adottare sane abitudini possa evitare la comparsa di un cancro su tre.

Per raggiungere questo importante traguardo di prevenzione le regole da adottare sono molto semplici e riguardano in modo particolare:

  • alimentazione;
  • esercizio fisico;
  • abitudini voluttuarie, cioè quelle abitudini che danno piacere ma sono pericolose per la salute come il fumo o il consumo eccessivo di alcol.

”Stili

Non occorrono grandi sforzi: basta porre un po’ di attenzione a ciò che si mangia e cercare di non condurre una vita troppo sedentaria. Mantenere il peso forma non è solo un’esigenza estetica, ma anche e soprattutto una scelta di salute contro l’insorgenza di molti tumori.

Per esempio, un buon metodo per ridurre il rischio di tumore consiste nel seguire la tradizionale dieta mediterranea. E non bisogna dimenticare che un’alimentazione corretta è anche la base della prevenzione per le malattie cardiovascolari e di una vecchiaia in piena forma. Oltre alla qualità del cibo conta anche la quantità: è importante non eccedere con le calorie introdotte che devono essere calcolate in base all’età, al peso, al tipo di attività svolta e a diversi altri parametri personali.

Non bisogna essere atleti per prevenire il cancro: il consiglio migliore è quello di svolgere un’attività fisica moderata per almeno 30 minuti al giorno e per almeno cinque giorni alla settimana. Questo tipo di attività può includere, per esempio, una passeggiata nel parco o la scelta di salire le scale a piedi piuttosto che usare l’ascensore o muoversi in bici e non in macchina.

Bisogna inoltre porre attenzione ad alcuni comportamenti apparentemente innocui, ma in realtà pericolosi come l’eccessiva esposizione al sole che può causare tumori maligni della pelle. Ciò non significa rinunciare al sole, ma esporsi con moderazione e con le adeguate protezioni.

Nel caso di fumo e alcol i dati parlano chiaro: chi fuma aumenta il proprio rischio di tumore del polmone, della bocca e della vescica, oltre a influenzare tutte le patologie oncologiche; mentre il consumo eccessivo di alcol risulta cancerogeno per bocca, esofago e stomaco.

Queste semplici regole generali sono valide, con qualche opportuna modifica, a tutte le età.

Ormoni

Gli ormoni, e in particolare gli estrogeni, hanno un ruolo fondamentale nel regolare i processi legati alla fertilità e possono influenzare il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. Tutto comincia con il primo ciclo mestruale che determina profondi cambiamenti mensili nel corso del periodo fertile e fino all’avvento della menopausa, che instaura nuovi equilibri ormonali.Ogni fase della vita della donna è dunque caratterizzata da un preciso quadro ormonale e quindi anche il rischio di tumore cambia con l’età.

Tra i 20 e i 40 anni, per esempio, l’utilizzo della pillola contraccettiva e le eventuali gravidanze sono gli eventi più importanti dal punto di vista ormonale. In particolare gli ormoni assunti con la pillola potrebbero diminuire il rischio di tumore ovarico (di cui sono, di fatto, l’unico mezzo preventivo) a costo di un lievissimo aumento del rischio di tumore al seno (più con le vecchie pillole ad alto dosaggio che con quelle attuali, a basso dosaggio), mentre le gravidanze, che generano un blocco della produzione di estrogeni, hanno un effetto protettivo sul tumore del seno e dell’ovaio.Anche gli ormoni assunti per le cure contro l’infertilità influenzano il rischio di sviluppare tumori dell’ovaio, ma i dati non sono ancora completi e definitivi.

La fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni è in genere caratterizzata da un vero e proprio terremoto dal punto vista ormonale: la menopausa. Le ovaie smettono di produrre ormoni e quindi l’organismo è meno esposto all’azione degli estrogeni, in genere responsabili di un aumento del rischio di cancro. In questo senso la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni, utilizzata per contrastare gli effetti negativi della menopausa (per esempio vampate di calore e osteoporosi) sembra essere un fattore di rischio per alcuni tumori come quello dell’endometrio e del seno, anche se l’utilizzo per non più di cinque anni sembra ancora accettabile. Dovendo scegliere è quindi consigliabile assumere una terapia sostitutiva che contenga anche un progestinico, anche se in genere è di utilizzo più complesso.

Test genetici

La maggior parte dei tumori è di origine “sporadica” ovvero si manifesta senza nessun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni, ma in alcuni casi (non più del 10% di tutti i tumori) si può parlare anche di cancro “ereditario”, legato, cioè, alla trasmissione da parte dei genitori di un gene mutato.

Sono stati messi a punto alcuni test genetici, metodiche complesse in grado di stimare il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico. Uno dei tumori per i quali esiste la possibilità di sottoporsi a un test è quello del seno, il tumore più frequente nelle donne. È stato infatti dimostrato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se contratta in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell’ovaio): ciò significa che, analizzandoli attentamente, nel caso di tumore si troveranno probabilmente mutazioni non presenti nelle cellule sane. E questa mutazione, se il tumore è ereditario, sarà la stessa nei vari membri della famiglia. Una volta stabilita la necessità di sottoporsi al test, mediante un colloquio con un genetista medico e un oncologo, si procede con un banale prelievo di sangue dal quale verrà estratto il DNA da controllare. Il risultato potrà essere positivo o negativo, cioè si potrà sapere se la mutazione è stata effettivamente ereditata oppure no.

È importante sottolineare che avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico non è dunque uno strumento di prevenzione nel senso classico del termine, ma si limita a fornire informazioni sul rischio di ammalarsi di tumore nel corso della vita e deve essere svolto solo in caso di reale necessità, dopo una consulenza con il genetista medico.

In base al risultato del test, il genetista medico e l’oncologo sapranno creare un piano di prevenzione individuale basato su controlli più frequenti e attenti che permetteranno di gestire al meglio il rischio e di individuare un eventuale tumore nelle sue fasi più precoci. Al momento attuale, tranne che per il seno e l’ovaio, non esistono test genetici disponibili per gli altri tumori femminili.

[Fonte: airc.it]

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